La storia meravigliosamente disarmante di un anziano che ha donato 50 euro alla terapia intensiva di Cremona per combattere il Coronavirus.
Questa storia inizia con le mani di un uomo. Mani che sanno, che sicuramente hanno tremato tante volte, si sono aperte altrettante per ricevere qualcosa e si sono chiuse a pugno, per farsi coraggio, quando il mondo ha iniziato a inclinarsi un po’, con questa malattia dal nome strano.
Sono mani di legno venato, con tutte quelle rughe e i solchi del tempo. Sono le mani di un anziano cremonese che stringono un pezzo di carta davanti all’ospedale della città.
Sul pezzo di carta c’è un messaggio e sul messaggio c’è una banconota da 50 euro.
“Offerta 50,00 anti–virus”
Non l’ha chiamata con il termine completo, questa malattia dal nome strano. Forse perché a ripeterla tutti i giorni ci sentiamo un po’ più soli, inermi, ce la seminiamo in testa come un’abitudine.
E per quanto si sia imposta come argomento quotidiano, è anche bello non piegarci al suo essere totalizzante, lasciare che una parte di noi si conceda ancora il lusso di non nominarla per intero.
Del resto, come se ci fosse bisogno di specificare. Come se Cremona, con i suoi malati e le sue vittime, non sapesse cosa ci sia dietro quel bigliettino stropicciato.
E allora è uscito piano di casa, quest’anziano dalle mani che sanno. Si è guardato intorno e si è fatto coraggio: un passo alla volta per guadagnarsi spazio in una strada senza volti, verso la sua meta che contro ogni azzardo è riuscito a raggiungere: il parcheggio deserto di un ospedale in affanno. L’ASST di Cremona, per l’esattezza.
Senza parole e senza spiegazioni. Senza aggiungere niente, senza fare rumore. Ha aspettato incerto, con il suo messaggio e la sua banconota.
E come glielo dici, a uno che si porta dietro una vita già piena di scelte compiute e convinzioni ramificate, che avrebbe potuto farlo in altro modo, che non era necessario, che esistono altre direzioni, altri mezzi?
Non glielo dici, non puoi. Ed è giusto restare in silenzio anche dall’altra parte, allora, davanti a quest’uomo che crede nei gesti compiuti di persona, quelli che per esistere davvero devono passare sulla pelle e avere a che fare con le mani, con la fatica, con il coraggio, con un messaggio scritto di proprio pugno e una camminata solitaria in una città ferita.
C’è da sorridere e da sentirsi quasi indifesi da quant’è limpido questo modo di vedere la vita.
Perché non si tratta solamente di essere buoni, si tratta di aver scelto un filtro ben esatto di leggere le cose, un filtro che contiene la bellezza propria della gratitudine e la semplice e disarmante innocenza di chi sceglie l’aiuto e il dare piuttosto che l’essere aiutati e il ricevere.
Ed è così che l’hanno trovato gli operatori sanitari in quel parcheggio: semplice e disarmante. Non hanno potuto stringergliele, le mani, ma poco importa.
Qualcosa è stato fatto, seppur piccolo, in miniatura.
Un anti-virus non decisivo, forse, ma indice di un lenire delicato, di sottofondo, in una città che ha bisogno di altre mani come queste, che credono nel dover fare la propria parte quando incontrano una sofferenza senza difese.
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