La crisi ambientale riguardante la plastica è ormai argomento quotidiano. La produzione di questo materiale è senza dubbio fondamentale in tanti aspetti della nostra vita, ma cosa succede quando si supera il limite? E soprattutto, che cosa comporta lo smaltimento sbagliato della plastica? Qui cerchiamo di parlarne sotto vari punti di vista, fino a mettere in luce le soluzioni proposte e i possibili sviluppi.
Il mostro della plastica negli oceani
La plastica finisce nei luoghi sbagliati, nella natura che non è in grado di smaltirla se non con tempi lunghissimi. È qui che il meccanismo si inceppa, è qui il vero dramma. E qual è il luogo in cui si concentra più quantità di plastica? I fondali oceanici.
C’è un’isola nel Pacifico. E fin qui è tutto normale. L’Oceano Pacifico ospita all’incirca 30.000 isole, quindi perché preoccuparsi?
Ecco. L’isola di cui parliamo noi non è fatta di terra e alberi, non c’è sabbia, non ci sono rocce. Si chiama Pacific Trash Vortex ed è un’isola composta da immondizia, per la maggior parte plastica. Non è esattamente un posto in cui andare in vacanza, vero?
Greenpeace ci fa notare che con tutta la plastica che si è accumulata nei fondali, potremmo farci 400 volte il giro della terra e che sono 700 le specie animali che muoiono a causa di indigestione e soffocamento.
Se si va avanti così, nel 2025 i rifiuti negli oceani saranno di 250 milioni di tonnellate. Immaginate un camion dei rifiuti che riversa il contenuto in mare ogni minuto. Questi dati ci vengono dati dal rapporto “Stemming the tide: land-based strategies for a plastic-free ocean” redatto dall’Ocean Conservancy in collaborazione con il McKinsey Center for Business and Environment.
Lo sappiamo, tutti questi numeri spaventano e ci fanno sentire inermi. Il punto, però, è che da tutti questi dati possiamo arrivare a due riflessioni che chiamano in causa qualcosa alla portata di tutti: il buon senso.
La prima è che stiamo distruggendo la nostra casa. È semplice. È qualcosa che sta già succedendo e davanti al quale purtroppo è ancora semplice guardare dall’altra parte. Siamo nelle condizioni di non poterlo più fare.
La seconda implicazione ha a che fare con chi abiterà questa terra dopo di noi. I nostri figli, i nostri nipoti. E qui, l’unica domanda possibile è una e una soltanto: come vogliamo lasciarglielo questo mondo?
Molti ci stanno provando, a lasciarglielo in condizioni ancora vivibili. C’è chi lo sta facendo bene, con passione e grande desiderio di cambiamento. Il progetto Crab Robot è uno dei risultati di quei tentativi.
Crab robot: il robot che pulisce il mare dalla plastica
Si chiama così: Crab Robot. È un robot a forma di granchio in grado di catturare la plastica dai fondali. Si è tuffato in mare per la prima volta l’8 giugno 2019 al largo della costa italiana, presso la Meloria, a Livorno. Sì, perché questo progetto è figlio di menti italiane.
L’idea è stata sviluppata dai ricercatori dell’Istituto di Robotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che, sostenuti dalla National Geographic Society e Arbi Dario Spa, hanno portato a termine la realizzazione di questo progetto all’avanguardia.
Il prototipo mandato sui fondali livornesi è dotato di sei gambe, può quindi esplorare i fondali marini evitando ostacoli e muovendosi intelligentemente. Sarà presto dotato di un braccio in grado di raccogliere sacchetti, bottiglie, rifiuti e tutte le forme di inquinamento che troverà in acqua.
Non crea danno all’ecosistema ed è in grado di interagire in tempo reale con i ricercatori, grazie a una boa che riceve i dati trasmessi dal robot per poi inviarli al computer di chi lo comanda. Può, per il momento, raggiungere una profondità di 200 metri.
È un piccolo passo in avanti, un tassello che adesso si dovrà incastrare in un quadro più ampio, fatto di soluzioni a grande scala e impegni maggiori da chiunque abbia le risorse per attuare un cambiamento.
Possiamo dire che è uno dei tanti inizi verso la guarigione di una malattia per il momento troppo grande. Eppure, ogni piccolezza adesso conta, che sia un robot di 20 chili o il modo in cui scegli di fare qualcosa per il pianeta.
È proprio questo il punto: siamo tutti pedine di questo gioco. A te la prossima mossa!
sapevi che...
Uno studio pubblicato su Science Advances, pubblicazione scientifica della American Association for the Advancement of Science, ha calcolato che fino al 2015 nel mondo c’era in circolazione una quantità di plastica di 8 miliardi e 800 milioni di tonnellate. Di cui il 12% incenerita, il 79% accumulata nell’ambiente e solamente il 9% riciclata.
Un passo alla volta, un gesto per ognuno di noi. Basterebbe questo, o per lo meno potrebbe essere un ottimo numero di partenza.
Che ne dici? Vuoi essere il tassello di una rivoluzione per il bene del pianeta?