Il sostantivo trauma deriva dal greco (τραῦμα) e significa ferita. Nell’accezione comune il termine assume significati ampi che considerano sia il trauma fisico sia quello psicologico, e molte volte… vanno di pari passo.
Il trauma psicologico è un evento che si discosta da quelle che sono le “normali” esperienze di vita di una persona. Si tratta di una rottura rispetto all’esperienza che l’individuo fino a quel momento ha conosciuto e a cui non è in grado di dare interpretazione e consequenzialmente integrazione (ovvero che non riesce a integrare nel suo sistema di conoscenza).
Da questa mancata integrazione – nei casi più gravi – potrebbe verificarsi la dissociazione cognitiva dell’evento rispetto alla realtà vissuta dal soggetto (disconnessione cognitiva, mnemonica, emotiva, che il soggetto mette in atto per affrontare quel trauma). Le conoscenze che l’individuo matura possono essere sia il risultato di eventi accaduti durante la propria esperienza di vita sia di livello relazionale.
Il trauma come fonte di stress
Il trauma può essere provocato da una serie di fattori differenti che portano l’individuo coinvolto a maturare ansia e stress; quest’ultimo viene diviso in acuto o cronico. Il primo costituisce la forma più comune di stress, dettata da una condizione improvvisa scaturita da un evento esterno riconoscibile. Il secondo, invece, si caratterizza per un continuo stato di eccitazione e si verifica quando l’organismo viene posto in maniera persistente sotto pressione. Tuttavia, se nel caso dello stress acuto l’organismo reagisce liberando glucosio, per fornire ai muscoli l’energia necessaria per reagire, nel caso dello stress cronico – proprio per la sua natura ricorrente – l’organismo tramite le sollecitazioni continue del “sistema nervoso simpatico” non consente al “sistema nervoso parasimpatico” di operare e di attivare la “risposta di rilassamento”, comportando nel lungo periodo una situazione di esaurimento psicofisico.
Una delle pratiche maggiormente diffuse oggigiorno per affrontare e superare fattori stressanti è sicuramente la meditazione mindfulness che, con il suo approccio del “qui e ora”, porta il soggetto stressato a concentrarsi sul presente (evitando i ricordi felici o tristi del passato e le preoccupazioni per il futuro) e ad avere di sé un approccio non giudicante.
Manifestazioni e sintomi del trauma
Il trauma può essere o frutto di un “episodio singolo” o di una serie di episodi, detti anche “cumulativi”. Il primo consiste nella rottura rispetto ad una serie di conoscenze che l’individuo matura nel corso del tempo, mentre i “t. cumulativi” si ripetono in maniera continuativa e sono protratti nel tempo.
I tipi di trauma sono tanti e vari: dall’abuso, che non implica necessariamente pratiche sessuali e si rivolge principalmente ai bambini, alla violenza sessuale, alla violenza domestica, al bullismo, alla violenza verbale e/o fisica, al vivere o all’assistere a eventi scioccanti.
Non tutti i traumi determinano successivamente un disturbo post traumatico in quanto per la definizione del disturbo devono concorrere altre cause, come, ad esempio, delle deboli risorse psicologiche da parte dell’individuo.
La reazione al trauma differisce in base alla gravità dell’evento traumatico, ma anche in base alla lettura che l’individuo dà dell’evento stesso e dalle risorse psicologiche e di esperienza personale di cui dispone.
Manifestazioni come incubi, flashback, pensieri intrusivi (ricorrenti e ossessivi), o pratiche di evitamento (ovvero strategie comportamentali messe in atto allo scopo di sottrarsi a situazioni, persone, luoghi (tipiche di chi ha subito violenza sessuale) sono sintomi che costantemente tornano nel soggetto traumatizzato e continuano a vivere nella testa dell’individuo, generando un forte disagio psicologico (ansia e stress) che nei casi più gravi porta alla dissociazione (disconnessione tra alcuni processi psichici rispetto al restante sistema psicologico dell’individuo).
Come superare il trauma
Non esiste un metodo univoco per far fronte al trauma, ma sono possibili trattamenti diversi da ponderare specificamente per ciascun caso. Questi vanno dalla psicoterapia cognitivo comportamentale, che indica la soluzione in un’azione netta e drastica sui pensieri e sui comportamenti che tendiamo a manifestare quotidianamente, suggerendo di affrontarli e prenderli di petto così da distaccarci da quei problemi che portiamo avanti da tempo, alla psicoterapia psicodinamica, che fonda la sua tesi sul respingimento – da parte del soggetto traumatizzato – di pensieri ed emozioni dolorosi all’interno del inconscio. Confinandoli in un lato della psiche sconosciuta a noi stessi – continua l’assunto di questo approccio – questi possono causare sintomi quali ansia, depressione o far maturare una bassa considerazione di noi stessi.
Altri due terapie di trattamenti efficaci riguardano la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e la terapia di gruppo.
L’EMDR tratta disturbi o esperienze traumatiche emotivamente stressanti mediante la messa a fuoco del ricordo dell’esperienza traumatica stessa. Con questo approccio, dopo alcune sedute, questi ricordi emotivamente disturbanti perdono la loro carica negativa e vengono percepiti come “lontani” e non più disturbanti.
Nella terapia di gruppo, infine, il trattamento viene effettuato in gruppo (setting gruppale). Questo approccio fa della reciprocità e del confronto i punti cardine del proprio processo terapeutico, e sono proprio questi a fornire un risultato terapeutico e curativo. Lo scopo è risolvere il problema del singolo mediante la condivisione con altri individui e sotto la supervisione di uno psicoterapeuta, così da instaurare un rapporto di mutuo supporto tra i soggetti che hanno un doppio obiettivo: aiutarsi e aiutare.