Scegliamo con cura il colore delle tende, il modo in cui posizionare le fotografie sulle pareti. Scegliamo finiture e cambiamo rivestimenti. Ci costruiamo la nostra casa, e lo facciamo con pazienza e dedizione. Mick Dodge ha scelto un altro tipo di casa. Si ripara sotto le chiome degli alberi e si rannicchia nei tronchi. Questa è la sua storia.
Doveva essere scattato qualcosa come un interruttore, nella mente di Mick Dodge, quando nel 1991 ha fatto i conti con sé stesso e ha messo in ordine pezzi di vita. Doveva aver fatto smuovere qualcosa, da qualche parte dentro di lui, che ha a che fare con la libertà o forse con l’imprudenza, quando si alzò un mattino e decise che voleva fare della foresta la sua nuova casa.
Oggi ha più di settant’anni e il suo letto resta ancora una cavità all’interno di un tronco, il suo cibo ciò che la natura ha da offrire, la sua vista un’enorme distesa di alberi e verde, nel bel mezzo della penisola Olimpica, nello stato di Washington.
Faceva il meccanico a Fort Lewis. A fine giornata metteva via gli attrezzi, si sgranchiva le ossa e ritornava a casa dalla famiglia. Chiacchierava con gli amici, passeggiava tra le strade e si sedeva nei locali a bere caffè. Gli è bastato un giorno e ha lasciato tutto.
La frenesia, dice lui, il rumore, il dover andare sempre veloce, i ritmi agitati di una vita in salita. Non gli andava più.
Non voleva più stare al passo di un sistema che non riusciva ad assecondare. Non voleva più avere a che fare con le persone, i ruoli, gli orari imposti, le regole di un mondo intero.
Lui allora ha smesso di scegliere il colore delle tende e di prendere le misure per i mobili della cucina. Ha lasciato una casa – tetto, muri, pavimento, porte, mensole, fornelli – e ne ha trovata un’altra: foglie, terra, pietre, il vento a fare da sottofondo, il tronco di un albero a fargli da scudo.
Cammina senza scarpe, Mick, si è liberato anche di quelle. E ci insegna che forse un altro modo c’è, di modellare la vita come più ci interessa. Con un po’ di coraggio è riuscito a diventare chi ha scelto di essere, pienamente e in libertà estrema, senza ascoltare ciò che si dovrebbe, senza domandarsi se e quanto fosse giusto o opportuno.
L’ha fatto. E adesso è, Mick. È e basta. Il Mick che si sentiva di dover rispettare, la sua versione più onesta. Semplicemente un uomo fuori dagli schemi e dalle convenzioni, con i piedi graffiati e la barba troppo lunga. Un uomo diverso, forse, sicuramente tendente all’improbabile. Ma libero, per lo meno, questo sicuramente.